Milano, 2009

Milano, 2009

Milano, 2009. A swing after a shower (aka ‘Lochness’)

Della fortuna in fotografia, ovvero i vantaggi derivanti dall’avere un mostro acquatico che vive nel parchetto sotto casa.

Qualcuno mi ha suggerito di aggiungere un commento alle foto che pubblico sul blog. Il motivo? Potrebbe aumentare il coinvolgimento dei miei venticinque lettori: sebbene per timidezza mi convenga credere che una foto debba parlare da sola, penso anche che qualche aneddoto su come una certa foto è stata scattata potrebbe, forse, a volte, per qualcuno, essere interessante. Quindi, dato che questa foto in particolare mi offre la possibilità di approfondire un tema che mi sta a cuore, comincio da qui.

Capita, talvolta, che chi apprezza una foto si complimenti (anche) con la fortuna di chi l’ha scattata. Sappiate che spesso per un fotografo frasi come ‘bella questa foto, ma che culo che hai avuto!?’ possono essere profonde coltellate all’amor proprio, che rischiano di sminuire tutta la cura che può essere stata messa nella scelta del soggetto, dello sfondo, dell’inquadratura e di tutta una serie di diavolerie tecniche di cui amiamo riempirci la bocca per far sentire ignoranti i profani. O magari lo sapete già ma parlate di fortuna apposta, per ferirci e vendicarvi del fatto che facciamo i fighi con le succitate diavolerie tecniche.

Una mattina della mia vita precedente, ormai più di quattro anni fa, mi accingevo ad andare in ufficio con il mio solito entusiasmo (leggasi: prossimo allo zero) quando scoppiò un violento temporale. Da buon ciclista urbano pigro, mi dissi che non valeva la pena di bagnarsi per arrivare in ufficio in orario, così mi misi sul balcone ad aspettare che smettesse di piovere.
L’area giochi del parchetto di fronte si stava allagando rapidamente, notai allora lo scenario surreale che si stava creando sotto i miei occhi, con un’altalena che poteva sembrare sospesa su uno specchio d’acqua dalla profondità teoricamente ignota.

Illuminato dall’estro creativo e dall’opportunità di fare ancora più tardi in ufficio, presi la 20D e scesi a fotografare il riflesso dell’altalena sull’acqua. Finché, dopo pochi scatti, una goccia decise di premiare tutto quell’impegno profuso a trascurare altri impegni, cadendo dall’altalena con perfetto tempismo nonché senso della geometria e regalando alla foto quel tocco in più che non avevo immaginato uscendo di casa: le domande che contribuiscono a creare una storia nella mente di guarda.

Perché quel cerchio nell’acqua? C’era qualcuno sull’altalena? Che fine ha fatto? Ci siamo persi qualcosa perché il fotografo è arrivato troppo tardi? Cosa è appena successo?

Questa la ragione per cui il titolo provvisorio di questa foto per me è sempre stato ‘Lochness’, o ‘Nessie’, o qualcosa del genere.

(Tempo dopo, a una lettura portfolio mi venne spiegato che anche suggerire allo spettatore come interpretare una foto tramite il titolo non è semanticamente corretto, quindi per tagliare la testa al toro ora le intitolo tutte con il luogo e l’anno in cui sono state scattate. Questo finché non cambierò idea e tornerò al mio storico vezzo di chiamarle con titoli di canzoni, o citazioni cinematografiche, ma è un altro discorso che magari approfondirò più avanti. Ad ogni modo, se vedendo questa foto vi immaginate un mostro marino che salta fuori dall’acqua, fa un sol boccone del bambino ignaro sull’altalena e sparisce nuovamente negli abissi, state interpretando la foto come la immaginai io quando la vidi per la prima volta sullo schermo. Se invece vi comunica altro va bene lo stesso, ma mi chiedo che razza di fantasia malata abbiate per immaginare che in quella foto NON sia coinvolto in qualche modo un mostro acquatico.)

Tornando a bomba: in questo caso non avevo una ‘storia’ già in mente, al di là dell’idea del rendere l’idea della presunta profondità della pozza d’acqua sotto l’altalena. La fortuna, nelle sembianze di goccia, si manifestò al termine di un processo decisionale che mi aveva portato ad essere lì, in quel momento, con una mezza idea e la fotocamera in mano, anziché in ufficio dove avrei dovuto essere. Fu determinante la fortuna per ottenere questa immagine? Sicuramente sì. Ma, come si dice, me l’ero anche andata a cercare.

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